Convegno Zen e budo
Fudenji 5 Maggio 2002
Fausto Guareschi:
A Fudenji fa capo una serie
di persone che hanno sensibilità nella cultura budoistica, ma che sentono in quella zen un richiamo che è difficile definire. Sono
anch'io di ritorno dal Giappone (come Claudio Regoli, n.d.r.) e oggi avrei dovuto essere in Uzbekistan invece che qui.
Avevamo pensato al 5 Maggio.
In Giappone è la festa della gioventù, quando le famiglie facevano indossare ai
bambini armature e spade mignon per celebrare l’ideale guerriero. Poi, nel
1890, c'è stata una riforma che identifica nel 5 Maggio la festa di tutti i
giovani, non solo maschi.
Si era pensato di discutere
il progetto di Barioli. Da parte mia c'è assoluta sensibilità, e in Giappone ho
avuto modo di prendere contatto con l'ambasciata italiana, l'Istituto di
Cultura e vari compatrioti disposti a collaborare. Se
nascerà una formulazione adeguata, sarà mia cura inviarla a questi specialisti
per la ricerca di materiale.
Ma l'occasione è valida anche per ricordare Taisen
Deshimaru.
E oggi è anche la ricorrenza di Bodhidharma. Molti di
voi pensano che questo patriarca sia collegato in qualche modo al budo.
Probabilmente è errato, anche se è il fondatore del monastero di Shaolin.
Bodhidharma: 28° patriarca indiano, e 1° cinese è una figura mitica,
leggendaria… Verso le 11, nel rito domenicale, si terrà questa celebrazione.
Cesare Barioli:
La faccenda è stata
improvvisata. Stavamo bevendo, sapete com'è… volevamo
approfittare di una data propizia. Come l’anno scorso avevamo in programma di
fare una gara nell’anniversario della morte di Kano. Ma
c'era da commemorare la venuta di Taisen Deshimaru in Europa e così la
ricorrenza era doppia. D'altro canto Fausto sta ampliando il
monastero, è prevista una foresteria. Allora, la mia proposta è di farne
sede di un Centro Studi. Inizialmente costituito da un armadio che poi si
allargherà ad una stanza o di più, dipende dall’importanza dei documenti che
raccoglieremo.
Come Centro Studi intendo un
posto che permetta di documentarsi in vista di una
tesi, o una ricerca, o per il proprio piacere. Per fare un esempio, io ho del
materiale del prof. Bernardi che tratta di judo, ma anche dell’educazione dei
bambini, e affronta addirittura l’educazione dei grandi con temi politicamente
scorretti. Un altro esempio: quando Claudio Regoli è partito
per il Giappone mi ha telefonato:
Cesare, cosa stai cercando?
I diari di Saigo
(personaggio conteso tra il judo e l’aikido) e di
Yokoyama (il jujutsuka divenuto uno degli shi-tenno del Kdk), le lettere di
Kano a Miyagi (rapporti tra judo e karate al di fuori di Funakoshi). Questi
documenti esistono, ma la visione ‘liberale’ dei giapponesi li ha nascosti.
Simili situazioni interessano anche altre discipline e avvenimenti e risolverla
ci permetterebbe di avanzare nella conoscenza.
Non chiedo a Fudenji di
mettere energia in questa iniziativa, perché questo è
compito nostro. Dobbiamo sentirla come necessità. Abbiamo fatto le cose un po’
in fretta, raccolto un po’ di persone alle quali non abbiamo spiegato bene che
cosa sarebbe successo. La cosa però può nascere anche senza raduni oceanici.
L’importante di questa iniziativa è che un domani può
evadere dal budo stretto, per sfociare nella cultura, e nei rapporti tra
Oriente e Occidente. Questo dipende da noi: se vogliamo limitarci
esclusivamente al nostro tokui-kata, o se siamo gente
che conosce il Mahabharata…. Non è un’iniziativa che parte dall’alto: Fausto
mette a disposizione uno spazio e si prende l’incarico di collaborare, ma non
di guidare l’iniziativa.
Qui abbiamo dei
rappresentanti delle quattro discipline maggiori che sono,
in ordine alfabetico, Aikido, Judo, Karate e Kendo.
Fausto
Fudenji non è una
stravaganza esotica, ma qualcosa che si raccorda alla realtà culturale,
sociale, economica e politica della regione. Qualche giorno fa, sono stato
presentato all’ambasciatore in Giappone alla conclusione dell’iniziativa
“Italia in Giappone” presieduta da Umberto Agnelli. Iniziativa
che ha visto circa 600 eventi sparsi nell’Arcipelago: mostre, esibizioni,
spettacoli. Ho assistito all’inaugurazione del padiglione Ferrari e
Maserati a Tokyo; all’apertura della mostra permanente dello scultore Vangi
voluta da un mecenate giapponese. Sono stato presentato ai giapponesi come un
buddista di reimportazione e ai nostri uomini politici come un buddista
italiano. Ho ricordato, quando mi è stato possibile, che in realtà Taisen
Deshimaru e il suo insegnante Kodo Sawaki, profetizzarono
che un giorno i Giapponesi avrebbero imparato lo zen dall’Occidente.
Frequentando Cesare Barioli
posso pensare che questo accadrà non solo allo zen, ma anche ad altre
discipline. Alcuni di voi potrebbero condividere questa considerazione.
Il 5 di Maggio era la data
che avevamo pensato per riunirci tutti gli anni; l’anno scorso è stata
organizzata con successo una gara per ragazzi…. E
anche l’anno scorso pioveva…
Cesare
Qualcuno parla di sfigen-ji…
Fausto
…Cesare scrisse nella
prefazione di “Zen e Arti Marziali” di Taisen Deshimaru Roshi:
“Gli anni fecondi del ’68
stimolavano lo stato nascente, il furore della ricerca, la generosa esigenza di
un fatto creativo. Al Busen, dojo di judo, ci interrogavamo
sul significato della vittoria sportiva”.
Mi ha colpito questa frase.
Cesare ha introdotto elementi che mi sono serviti per chiarire la natura della
tradizione zen, ma adesso penso che essa, così chiarita, possa rischiarare
l’orizzonte di altre discipline, perché siamo in una
nuova fase.
“Giunse il monaco dal buffo
basco nero e dalla voce profonda – Taisen Deshimaru – che parlava di un eterno
presente, del vero combattimento e dell’intuizione. Ricordo che dopo la frenetica
attività a cucire cuscini, un'isterica risata collettiva nata da Zaini, ci
colse in capo al primo quarto d'ora a gambe incrociate, Sensei la controllò
considerandolo un buon inizio, poi qualcuno entrò nella serenità e
nell'attenzione legando questi stati al judo.
Deshimaru era specialista in
contrattacchi, sortiva all'improvviso dalla bonarietà e dallo
humor per colpire con una frase che l'interlocutore avrebbe portato con
se tutta la vita, misteri dello zen. Mi diede il kesa ma non lo firmò come faceva
agli altri, forse prevedendo che sarei rimasto nel
judo. Ebbe subito un particolare riguardo per Guareschi, come se già sapesse
che sarebbe stato il suo successore. Io e il Maestro restammo amici anche
quando fu chiaro che la mia strada era un'altra. Fausto divenne il prediletto,
anche se i francesi godevano degli onori. So che il
Maestro ha dato a Fausto lo shiho e lui deve cercare nella memoria perché la
vera shiho non è un certificato che tutti controllano, ma si nasconde in una
frase - i shin den shin: da me a te - e solo
Fausto la può conoscere”.
Questo passaggio parla di Deshimaru, e di un suo allievo, quale io sono
stato. Il Maestro morì nell’82, probabilmente di
cancro, ma nessuno di noi ha avuto il coraggio di dirlo, quindi abbiamo
inventato le malattie più strane e stravaganti. Lui diceva che solo gli egoisti
muoiono di cancro e, visto che il maestro non poteva
essere un’egoista, di fatto non poteva essere morto di cancro.
Ma in queste frasi Cesare evidenzia una particolarità
che mi ha fatto capire meglio la questione fondamentale da me a te di cui noi
oggi ci vergogniamo.
Mentre
esaltiamo al massimo l’emotività che lega gli individui, poi ci vergogniamo
della spiritualità e della moralità che li lega e che li fa un’unica
personalità per quanto non a detrimento dell’uno e dell’altro. A seguito dell’incontro tra due nasce una nuova
entità universale, che ne fa qualcosa di più che una coppia, una nuova
creazione. Oggi facciamo fatica ad ammetterlo. Possiamo parlare politicamente
correttamente del fatto che ci dobbiamo reciproco rispetto, ma nulla di più.
La frase sinteticamente
espressa da Cesare ci consente di capire la tradizione zen e come questa
tradizione partecipi di quella del budo.
Lo Yudansha-kai è nato
attorno ad un’idea, ma è stato formalizzato?
Cesare
Lo Yudanshakai è stato
creato da Kano Jigoro con una meccanica differente da quella di
associazioni e federazioni. Ci è difficile
capirlo: per ora è una forma embrionale, non è ancora nato tra noi.
Fausto
Quello che leggo mette in evidenza l’importanza della figura del maestro che
è tale solo per l’allievo, non può esserlo per altri. Non c’è maestro se non in relazione a un allievo o discepolo. Il discepolo
riconosce il maestro perché è sua libertà riconoscerlo.
Questa assoluta libertà del
discepolo è evocata in queste frasi:
“Fausto deve imparare a
cercare nella memoria là dove ha ricevuto lo Shiho, la
conferma da Taisen Deshimaru, il resto può essere carta, documenti legali, ma
il problema è altro.
Questo libro non dice nulla
che sia direttamente applicabile al budo che pratichiamo. Il suo messaggio è
profumo di zen, è il riflesso di un amore infinito riservato a chi è sincero.
Chi non capisce deve prima risolvere il koan della sincerità, e per quelli che
capiscono il libro è inutile. Tutto è mushotoku (senza scopo) nel budo come
nello zen e il grande satori è percepire
l’inesprimibile ku, vuoto: ci si arriva passo a passo, guidati da kusen: il
profumo universale. Che uomo profumato era Taisen Deshimaru!”.
Cesare Barioli, Milano -
Dicembre 89.
E’ un brevissimo testo che
ho caro e che uso per ricordare Taisen Deshimaru, questo uomo
dal buffo basco nero che ho conosciuto al Busen di Milano quando avevo 19 anni.
Un giorno Cesare mi rese visita qui a Fudenji e in quell'occasionemi diede una
lezione, simpatica, ma anche severa. Mi ero permesso di dire che l'angolo a
sinistra dell'altare principale era l'angolo dei morti. E lui mi fece notare
che i Maestri non muoiono.
In armonia con questo prendo
da un notiziario dell’anno dell'ultima primavera di Deshimaru, un'articolo firmato da Babette, monaca zen: “A Zurigo,
qualcuno pensa che Deshimaru è morto (in realtà allora non lo era), lì al Dojo
di Zurigo non intendevano più seguirlo; per noi, dicevano, il maestro è morto.
Nessuno immaginava che il gioco del caso e dei destini avrebbe
dato la luce a due nuovi figli. Nel pieno della primavera dell'82 come per
scherzo il maestro scese in giardino a giocare a nascondino; ogni tanto pare di
scorgerlo dissimulato tra gli alberi, le siepi, i sentieri, la sua fragrante
presenza la si può indovinare nelle albe e nei
tramonti. A volte uno ritorna e assicura di averlo incontrato, per un momento,
in un alito di vento”.
Mi sembra di aver imparato
la lezione: Deshimaru è qui, perché i maestri non muoiono. Questo io non lo
sapevo, ma Cesare sì. Per spiegare che gli altri non li vedono, diciamo che
stanno giocando a nascondino con noi.
I maestri sono
tali solo per i discepoli, quindi bisogna citare sottovoce questo
termine. Siamo portati a esibire, a tirare fuori dalla
nostra valigia una serie di certificati, di gradi, e il valore dei maestri che
abbiamo frequentato….ma questo non esiste e non è mai
esistito, soprattutto nella tradizione zen. Nessuno dovrebbe qualificarsi nell’insegnamento
a seguito dei riconoscimenti a lui attribuiti. Non è che si insegna
perché qualificati: si insegna perché qualcuno sta apprendendo. Solo dopo la
mia morte un estraneo scoprirà che ero anche
qualificato ad insegnare.
Per lo zen è così, e spero
che altrettanto sia per voi in quel mondo che condividiamo.
Perché ciò che accomuna noi
tutti è keiko (geiko in una parola composta). Che poco si addice allo sport competitivo. Perché di fatto è più importante l'esercizio per se stesso che non
quello in vista di un qualunque risultato che, tuttavia, ha la sua ragione di
esistere. L'esercizio per l'esercizio è effettivamente il carattere accomunante
di tutti noi, di voi che anche oggi avete voluto dimostrare la sapienza e la
maestria della vostra disciplina.
Per quel che mi riguarda,
con il permesso del comitato di gestione di Fudenji, e il benestare del
consiglio di amministrazione dell'Istituto Italiano
Zen, propongo il monastero come sede di questa iniziativa.
C'è qualcuno che ha
afferrato… Paolo?
Paolo Spongia:
Mi sembra che Barioli abbia
spiegato come questo sia il primo passo per attivare tutta una serie di energie che dovrebbero convergere. La direzione sarà da
vedere…
Per quel che riguarda la
documentazione da reperire, penso che sia opportuno
creare per ogni settore delle commissioni che possano selezionare e valutare il
materiale.
Cesare
Taglio
corto perché sono abbastanza esperto per sapere che potremmo discuterne a lungo. C'è la supervisione che penso
tocchi a Fausto. Se c'è qualcuno che non va bene, tutti ci impegniamo
ad accettare che lui dica: no, tu non vai bene, chiuso, mettiamo un altro al
tuo posto. Perché si fanno degli errori drammatici inizialmente nel scegliere le persone. L'ideale è scegliere la persona
giusta, mettendola al posto giusto, perché lavori giusto.
Poi abbiamo bisogno della
collaborazione di tutti, di questa massa forse anche un po’ superficiale, per
raccogliere il materiale; e abbiamo bisogno di qualcuno che faccia il
segretario. Che venga qui a classificare il materiale.
Per questo non possiamo contare su Vera o Paola perché son poco del mestiere.
Ci vuole qualcuno che faccia segreteria a casa sua, ma
venga a ogni tanto a lavorare a Fudenji. E… sorpresa! chi è qui spesso? Paolo Spongia…
Paolo
Purtroppo non sono qui
spesso.
Fausto
Beh no, mi sembra adatta
questa scelta. Non sei qui molto spesso ma hai la comunicazione mediatica….
Cesare
Paolo
Spongia, perché è sufficientemente intellettuale. Poi ha l’abito adatto, per cui
non deve comprarselo. Quindi…
Ripeto, la faccenda resta
sotto la giurisdizione di Fausto, che valuterà il lavoro svolto anche
contribuendovi personalmente. Il coordinamento spetta al segretario. La
commissione interdisciplinare per selezionare il materiale sarà necessaria
quando ne avremo tanto; ma subito cominciamo ad
ammucchiarlo nell’armadio e tra poco a classificarlo. Allora la commissione
potrà lavorare anche standosene e casa.
Fausto
Progettiamo il rapporto tra
il deposito materiale e la memoria mediatica. Dovrebbe essere agile e adeguato…
Cesare
Di volta in volta il
segretario le inventa tutte: se disponiamo di qualcuno
abile con la rete interattiva, possiamo collegare. Tra l’altro non ci fa
affatto schifo avere dei fondi: pertanto possiamo fare una specie di iscrizione, di ammissione, password… bisogna che
intervenga qualcuno del mestiere. Cosa raccogliamo? Di
tutto: libri, CD, nastri registrati, fotocopie, documenti originali, reperti,
mummie... E corteggiamo qualche giapponese perché ci traduca qualcosa; se
mettiamo le mani su un esperto chiediamogli un commento. Sfruttiamo le abilità
di ciascuno; il segretario ha in più il compito di dare ordini e qualche
bastonata. Non siamo teneri. Ma si può anche essere
molto gentili, basta ottenere. Perché la cosa non
muoia.
Fausto
La proposta di Spongia
segretario è appropriata perché ha dimostrato una certa sistematicità
traducendo testi giapponesi sul suo giornale. A quale numero di Tora Kan Dojo
siete arrivati?
Paolo
25 in 6 anni. Tiratura 50
copie…
Fausto
Non è rilevante,
evidentemente lo sai fare.
Cesare
Aiutano tutti. Magari
qualcuno aiuta di più perché ha maggiori opportunità.
Chi ci lavora dentro si impegna a farlo bene e gratis, anzi rimettendoci del suo.
Chiaro che ci vuole sempre un controllo comunque.
Se salta fuori qualcuno che
ha capacità di archivista, é prezioso.
Fausto
Mi sto chiedendo, Cesare,
tutta l'ampissima bibliografia che ormai esiste potrebbe
essere utile. Ma ci vorrebbe una biblioteca enorme…
Cesare
La bibliografia ci serve e
occupa poco spazio. Fatta bene comprende un commento, una descrizione
intelligente dell’opera. Per i libri, effettivamente, dovessimo
raccogliere tutto il materiale del mondo sarebbero troppi. Finiremo col tenere quelli importanti e scartare quelli del Barioli.
Procuriamoci un computer.
Fausto
Dobbiamo anche stabilire dei
criteri storiografici e filosofici. Per seguire un metodo che
possa essere seguito anche se cambia la dirigenza. Nel libro che ho in
mano si parla di Bun-bu Ryo-do come la duplice Via che indica che la disciplina
è completa se è fatta di cultura e di esperienza.
Cesare
Virtù civile e virtù
militare.
Il criterio che ci ispira parte dalla considerazione che noi esistiamo se
abbiamo una storia.
Il primo criterio potrebbe
essere la storia, mondiale, europea,italiana… dopo
viene la filosofia e i principi. Infine, se abbiamo delle poesie, disegni e
pitture, delle canzoni, della letteratura e anche delle barzellette, vuol dire
che esiste una cultura del budo e noi dobbiamo
rifletterla e registrarla.
Fausto
Questa mi sembra
un'indicazione già molto accurata, precisa: l'impostazione storica della
ricerca. Storia e mito.
Peduzzi:
Il primo mattone voglio
portarlo io con qualche libro.
Fausto:
A questo punto chi avesse la
possibilità di scrivere, di raccontare aneddoti, storie, vicende, potrebbe rappresentare un aspetto della faccenda. Nel libro
che ho in mano si cita Yamada Soko:
“Se
un samurai vuole assumere delle responsabilità politiche, se vuole dirigere i
civili e divenirne il capo, deve realizzare la Via. Quindi il samurai non deve
essere soltanto un guerriero, ma oltre al budo deve anche acquisire una cultura
intellettuale sulla letteratura, il buddhismo, la filosofia cinese e lo shinto,
cioè la ‘Via degli Dei”.
Paolo
Prima stava dicendo che Lo
Zen e le Arti Marziali del Maestro Deshimaru prendeva
spunto da uno scritto del Maestro Sawaki.
Fausto
L'ho detto io, ma non so se
è vero… il Maestro Deshimaru era famoso per rubare e io ho supposto che si
fosse ispirato a Zen to Budo di Sawaki Roshi, una copia del quale ho offerto al
Maestro Takata, ma non l'ha voluto... O lo possedeva già, e allora posso capire
che non l’abbia voluto, ma non mi è sembrato molto fine: poteva far finta di non averlo… oppure il suo bun-bu ryo-do era un po’
lacunoso, per quanto rappresentasse l’espressione più eminente della cultura
dei kata del Kodokan
Cesare
Era il capo degli istruttori
del Kodokan. Era una persona molto intelligente… ma tra i giapponesi sai meglio di me che ci sono dei comportamenti diversi.
Fausto
Il valore della storia è
indubbiamente grande, anche se forse non tutti sono sensibilizzati al problema.
Ma anch'io ritengo che se non c'è storia non c'è
presenza.
Cesare
Se non c’è storia è solo scorza.
I film di Kurosawa sul judo, le ricostruzioni storiche dei 47 Ronin e del
Musashi di Yoshikawa, anche le due versioni di Morte di un Maestro del The,
tutti i vecchi documentari. Poi le foto, che possono essere messe su dischetto
con una buona definizione… Forse un giorno nascerà a
Fudenji una casa editice…
Fausto
Qui abbiamo una piccola
biblioteca. Abbiamo dello spazio, ma manca il mobile. Raccogliamo subito dei
contributi per un armadio…
Qualche chiacchiera, poi
ancora parla Fausto
Da quando è stata installato
il cippo, la pietra dedicata a Koike Tadashi, è nato spontaneo un sentiero che
sale tra gli alberi. Salendo, vi troverete un tronchetto di tuia che segna il
posto dove vorrei posare un cippo per Kano Jigoro. Possiamo dedicare quella
zona del parco alle rimembranze dei Maestri del
Passato.
Cesare
Vorrei suscitare la
discussione perché la cosa viva.
Pensiamoci un attimo. Kano
Jigoro ha la mia massima riconoscenza, ma quanti cippi sopporta
Fuden-ji?
Dobbiamo scegliere tra la
storia del budo italiano e quella mondiale, o anche solo giapponese. Senz’altro meritano il ricordo almeno quattro fondatori di stili di
karate e i loro epigoni italiani; nell’aikido cominceranno a litigare anche
solo tra Ueshiba, Tohei e Sokaku Takeda; e poi c’è il kendo.
Serve fare una scelta:
mettiamo il cippo per la storia italiana perché altrimenti facciamo la foresta
pietrificata…
Fausto
Quel percorso potrebbe
essere dedicato solo al judo italiano. Ma nei 40.000 possiamo tracciare altri percorsi…
Cesare
Per il
judo prendiamo in considerazione Carlo Oletti, Tommaso Betti-Berutto e Maria
Bellone. Anche il signor Otani e Tempesta, se non si
offendono perché son vivi e vegeti…