back

Icona Vivente

di Emiliano Vitalini


"Tutte le dottrine tradizionali insegnano che questo mondo è il mondo dei simboli in quanto non contiene nulla che non sia un simbolo"

Martin Lings

La realtà che ci circonda è fatta di simboli, ma i ritmi spesso esasperati e violenti a cui ci sottopone la vita, annebbiano la nostra vista rendendoci così ciechi di fronte ad un mondo che da sempre ha comunicato con l’uomo attraverso il linguaggio dell’universalità; infatti, da sempre, l’uomo ha cercato di superare le barriere impostegli dalla lingua, dalla propria terra e dalla tradizione, servendosi di un mezzo che andasse oltre tutto questo, che non si fermasse neanche di fronte allo scorrere incessante del tempo: il linguaggio del simbolo.

Ed in tal senso, è attraverso la pratica nel Dojo che ho potuto capire come quello del Karate sia un mondo fatto di simboli dietro cui si celano dei significati di straordinaria importanza ed attualità che si realizzano a partire proprio dallo stesso emblema, simbolo dell’Okinawa Goju-Ryu: il Kenkon.

In esso sono rappresentati simbolicamente il Cielo e la Terra, i due poli primordiali, le due forze complementari, responsabili della creazione e dell’evoluzione dell’Universo, l’Yin e Yang cinese.

Ciò che mi ha sempre colpito ed affascinato del simbolo Kenkon è la tensione dialettica che riesce ad esprimere.
Sono sempre stato convinto del fatto che la vita e tutte le sfumature in essa contenute, siano il risultato di forze che sono sempre in contrasto tra loro e che pur nella loro perenne opposizione generano quel dinamismo che fa scorrere le lancette degli orologi e battere i nostri cuori.
Ma forse è proprio questo aspetto che non si riesce più a cogliere nel vissuto quotidiano di ognuno, rendendo così la vita sempre più monotona e priva di significato.

Più semplicemente, cerchiamo di considerare due momenti della nostra giornata che si susseguono e ripetono con instancabile precisione: l’alba e il tramonto.
Quante volte abbiamo visto sorgere il sole e quante altre volte lo abbiamo visto scivolare giù all’orizzonte? Eppure non appena abbiamo la possibilità di ammirare questo spettacolo non è forse come se lo vedessimo per la prima volta?
Ma è proprio dal paradosso di questo contrasto che nasce quel dinamismo che ci fa spesso rimanere incantati e commuovere di fronte ad uno spettacolo così meraviglioso.

La realtà stessa è fatta di contrasti, di dualità che pur nella loro opposta matrice si fondono armoniosamente, proprio come il simbolo del Goju-Ryu ci insegna.

Credo che bisognerebbe saper riconoscere i contrasti che sono in noi e cercare di armonizzarli. Corpo e spirito non sono due entità separate, e per questo, chi persegue il Do del Karate non può fare a meno di coltivarli e di farli crescere nello stesso giardino.

L’eccessiva materialità o l’eccessiva spiritualità non credo giovino all’equilibrio interiore dell’uomo.

Il Kata non è un momento della pratica fine a se stesso, durante il quale chi lo esegue deve compiere una serie di movimenti in modo meccanico.

"Si pensa che un Kata abbia a che fare con un’azione dinamica da memorizzare. Ma un Kata vuol dire scolpire nel proprio corpo una serie di posture. Nelle posture di un Kata vi è sempre una forte componente simbolica che a volte è anche possibile non conoscere. Come un’icona il Kata si proietta oltre l’esecutore e l’osservatore al di là che essi sappiano o non sappiano. Eseguire un Kata significa farsi icona vivente" (Dionino Giangrande).

Penso sia proprio così, materia e spirito sono due condizioni inseparabili del nostro essere, come il Cielo e la Terra: laddove finisce uno inizia sempre l’altro, in un moto circolare che non si arresta mai.

Questo è indubbiamente uno degli aspetti più importanti e preziosi che insegna il simbolo della nostra Scuola di Karate-Do.

Un simbolo che è l’essenza della vita.

 

© Copyright P. Spongia 1999


back