di Roberto Ugolini
"Per essere considerato un maestro, un karateka deve avere la giusta personalità, deve essere un buon insegnante, avere rispetto e comprensione per la storia del Karate-Do, non deve avere come unico scopo il kumite, deve allenare la mente così come il corpo, e perseguire l'allenamento tradizionale".
Questa è la risposta di Sensei Higaonna
alla domanda "Quali sono le caratteristiche di un maestro?" (Conversations
with Karate Masters, di Clive Layton, 1988 Ronin Publishing).
Sensei ha espresso in sintesi una risposta non semplice, così come nei suoi
gesti tecnici, all'apparenza semplici, esprime una fantastica efficacia. Non è
facile né semplice avere o raggiungere le caratteristiche sopra elencate, ma è
quello a cui cerco di arrivare con la pratica, ed è quello che cerco di
trasmettere ai miei allievi. "Avere rispetto e comprensione per la storia
del Karate-Do": queste parole mi hanno convinto ad organizzare
periodicamente, per gli allievi della mia scuola, degli incontri, a fine
lezione, dove sia possibile discutere di aspetti della pratica che, per la
scarsità del tempo a disposizione, non possono essere affrontati compiutamente
nell'orario a nostra disposizione. Il primo di questi incontri, svolto nel mese
di ottobre, ha avuto come tema l'evoluzione storica del karate, con il suo
passaggio da tode a karate (vedi Tora Kan Dojo n°17). In
quell'occasione avevo portato dei kanji raffiguranti le parole tode e karate.
Sono sempre alla ricerca di nuovi argomenti. In una delle pareti della mia
casa è appesa una tavoletta di legno con sopra una calligrafia del maestro
Tetsuhiro Hokama di Okinawa. La calligrafia rappresenta i kanji karatedo: guardando
quei kanji riflettevo sulla loro diversità rispetto a quelli formali che avevo
mostrato nell'incontro di Ottobre. Se non avessi avuto ben in mente i kanji "formali"
forse non avrei capito il significato dei kanji scritti dal maestro Hokama.
La mia riflessione mi ha ricordato di uno scritto di Sensei Higaonna, riportato
nel libro "Traditional Karate-Do - Okinawa Goju Ryu, vol. 2" (1986
Minato Research/Japan Publications). La lettura di questo scritto è stato
l'oggetto dell'incontro di Gennaio:
"Il kata è un concetto difficile da comprendere, così per aiutarci a
comprendere con chiarezza la sua natura ed il suo posto nella pratica del
karate, possiamo paragonarlo ai differenti tipi di caratteri del sistema di
scrittura cinese, i kanji. Nella scrittura di un carattere esiste uno stile
formale o stampato che è governato da regole e dimensioni ben precise. Esiste
inoltre uno stile libero o manuale che permette all'autore di esprimere la
propria interpretazione dei caratteri formali.
Lo stile formale, con la sua forma fissa e le sue convenzioni, rappresenta il kata. Questa tradizione deve essere mantenuta. Lo stile "libero", con il suo enorme potenziale per le variazioni e libertà di espressione, rappresenta il kumite. Il kumite è la libera espressione del kata.
Se ignoriamo il carattere originale e utilizziamo solamente quello libero, alla fine il carattere originale e il suo significato saranno persi. Così è anche per il karate. Dobbiamo sempre considerare il kata come la base della nostra pratica, dal quale tutti gli altri aspetti possono evolvere. Dobbiamo assicurarci di preservare il kata intatto. La conoscenza e l'esperienza dei grandi maestri della storia non deve essere persa."
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