di Paolo Taigo Spongia
Il 9 Maggio scorso (1999) durante una Sesshin al Tempio di Fudenji il Maestro Taiten Guareschi mi ha dato per il Dôjô Tora Kan un Kyosaku. Il Kyosaku è simbolo del carattere del Maestro, simbolo della sua presenza e del suo insegnamento nel Dôjô. Sul Kyosaku ha calligrafato in Kanji giapponesi su di un lato: "Shikantaza" e sullaltro lato la traduzione: "solo semplicemente seduti". Siamo grati al Maestro per questo segno di fiducia nella nostra pratica e siamo consapevoli della responsabilità che comporta trasmettere lautentica pratica Zen.
Al termine della Cerimonia del Mattino che si svolge nella Sala del Dharma del Tempio di Fudenji, il Maestro Taiten, si volta per raggiungere i due discepoli che sono pronti ad accompagnarlo, con passo solenne, fuori della Sala del Dharma.
Prima di muovere il passo che varca la soglia e lo inserisce tra i due discepoli, il Maestro si trova di fronte alla finestra che si affaccia sulle colline di Salsomaggiore.
E lalba, il Maestro si ferma per un breve istante e il suo sguardo si posa su quei campi che ogni giorno, da molti anni, rispondono al suo saluto, testimoni vigili e discreti della vicenda di Fudenji e del suo destino.
Quello sguardo, che mi commuove ogni volta profondamente, esprime un sentimento di saluto, al contempo di benevenuto e di addio.
E come se il maestro vedesse per la prima ed ultima volta quello scenario.
Il Rito celebrato pocanzi si conclude, come una
qualsiasi opera teatrale, con luscita di scena
dellinterprete principale.
Come violazione ludico-simbolica il Rito permette il contatto con
il mistero, permette di calarsi in un ruolo che trascende la
propria individualità per connetersi allAssoluto.
Il termine del Rito, luscita di scena, coincide con il ritorno alla coscienza dellimpermanenza del proprio sé pur rasserenati dal contatto con lAltro da sé.
Lo sguardo è allora di buongiorno e di addio.
E difficile vivere questo sublime sentimento di accoglienza
e di abbandono, dincontro e di distacco che lo sguardo del
Maestro esprime.
Profondo insegnamento sul modo di condurre la propria vita.
Ogni giorno, ogni incontro, andrebbe celebrato con questo spirito.
Allora, si realizza che nessuno e nessuna cosa ci appartengono e possiamo essere in qualsiasi momento chiamati ad abbandonarli, così come nulla e nessuno possono assumere ai nostri occhi così scarso valore da non meritare tutta la nostra attenzione e compassione.
Vivere esprimendo continuamente un profondo sentimento di gratitudine e meraviglia fa sì che tutte le esistenze rispondano al nostro saluto.
Linsegnamento del Maestro è tutto in quello sguardo.
© Copyright P. Spongia 1999